Wikipedia, a proposito di spiritualità, scrive: “La spiritualità, termine che riguarda, a grandi linee, tutto ciò che ha a che fare con lo spirito, ha svariate accezioni ed interpretazioni. Essa può arrivare ad includere la fede in poteri soprannaturali (come nella religione), ma sempre con l’accento posto sul valore personale dell'esperienza. L'attribuzione di spiritualità a una persona non implica necessariamente che quella persona pratichi una religione o creda, in generale, all'esistenza dello spirito; in questo caso la spiritualità è vista piuttosto un "modo d'essere" che evidenzi scarso attaccamento alla materialità”.
È una definizione abbastanza generica e forse non del tutto condivisibile, però mi dà uno spunto per iniziare qualche riflessione: nella spiritualità si può includere una “fede” o religione, ma può anche non includerla; è frutto di una esperienza personale; è un modo d’essere; questo tentativo di definizione mi pone qualche perplessità nell’evidenziare uno scarso attaccamento alla materialità quasi che la materia si contrapponga allo spirito, di cui – peraltro – si può anche negare l’esistenza.
Credo che non sia possibile parlare di spiritualità senza cercare, prima, di capire chi è il soggetto: l’Uomo. È una questione filosofica, di solito si assume un concetto dualista di anima e corpo: l'anima è la parte interiore, invisibile, spirituale, mentre il corpo è la parte esteriore, visibile, materiale.
C'è una parte di verità in questa concezione, ma è del tutto insufficiente e semplicistica perché sembra che il corpo sia una specie di contenitore (che con la morte viene abbandonato), fa confusione tra spirito ed anima come se i due termini fossero sinonimi. La Bibbia, e San Paolo in particolare (1Ts 5,23) non confondono l’anima con lo spirito e l’uomo è concepito come spirito, anima e corpo.
Non vorrei però immaginare l’essere umano come composto da tre parti, che pur interagiscono tra loro, piuttosto questa idea tripartita può essere uno strumento per comprendersi e per comprendere la Spiritualità che, come vedremo, non può essere avulsa né dall’anima, né dal corpo. Nemmeno si può confondere considerando spirituale ciò che riguarda l'anima fermandosi all'aspetto mentale delle cose.
La dimensione corporea dell'uomo permette contatto con il mondo materiale, il corpo è lo strumento che ci dà la percezione del mondo, è l’arcipelago dei sensi. Le emozioni che provengono dei sensi hanno bisogno di una elaborazione, una “intelligenza” delle cose: l'anima è la dimensione che ci dà coscienza del mondo e di noi stessi. Lo spirito è il luogo delle “relazioni” e, come credente affermo che è la sede della nostra relazione con Dio. Dio dimora nello spirito, l'io risiede nell'anima, i sensi hanno la propria sede nel corpo.
Come con il corpo l'uomo è in contatto con il mondo materiale, influenzandolo ed essendone influenzato, con lo spirito entra in relazione con il mondo spirituale e Dio; l'anima, fra questi due mondi, ne è l’intelligenza, il motore, il filtro, il legame, la caratterizzazione, la cooperazione, l’amalgama.
Questa lunga premessa e questa visone dell’uomo mi permette di affermare quanto non riesca a capire della definizione di wikipedia per affermare una spiritualità: “uno scarso attaccamento alla materialità”. Piuttosto affermerei il contrario, specie volendo parlare di spiritualità scout, perché un cammino od una crescita spirituale non può prescindere dalla integralità dell’uomo e quindi dal coinvolgimento della sua corporeità.
In passato, e per alcuni aspetti ancora oggi, pensare una spiritualità significa immaginare un lavoro sul proprio io, sul proprio carattere, per migliorare se stessi sacrificando la propria corporeità anche attraverso imposizioni e mortificazioni assai dure, quasi che l’elevazione dello spirito fosse un sforzo solitario e personale che comportasse una distruzione del corpo.
L’uomo è essenzialmente “relazione” e Dio (almeno nelle diverse religioni che più o meno conosco) è essenzialmente “relazione”; la spiritualità non è lo sforzo di elevazione, ma permettere che Dio entri in relazione con lui, entri nella sua vita ( per meglio comprenderla e la trasformarla). La spiritualità è dunque una dinamica di relazioni e lo scoutismo offre diverse opportunità perché questa dinamica relazionale si attui, si diversifichi, cresca.
Vorrei fermare l’attenzione su due relazioni fondamentali che sono vissute nello scoutismo: la natura e gli altri.
La relazione con la natura non è mera contemplazione del “bello” affinché l’animo umano trascenda dalla creatura al creatore, anche se B.P. aveva detto: ”L'uomo che è cieco alle bellezze della natura ha perduto metà del piacere di vivere”. La relazione con la natura è piuttosto una “full immersion”, si direbbe oggi, che va oltre la contemplazione estatica per entrare nella dinamica stessa della terra. “La vita all’aperto è la vera meta dello scoutismo e la chiave del suo successo” (B.P.).
Nelle uscite e i campi estivi gli scout passano giornate e settimane intere a contatto con la natura, la vita è completamente diversa da quella di tutti i giorni in città. La tenda, il dormire a contatto con il terreno, il fuoco, l’essenzialità, l’osservazione, la pioggia, l’acqua della sorgente o del ruscello, l’ombra degli alberi, fanno assaporare un rapporto unico, profondo con il mondo circostante; il superamento delle piccole difficoltà, la fatica, il camminare, le mete raggiunte sono tutti elementi che non fanno bene solo al fisico o alla intelligenza, ma costituiscono un vero e proprio cammino spirituale. Superare gli ostacoli e le difficoltà è anche un superarsi, un lavoro interiore in cui le relazioni tra corpo, anima e spirito si rafforzano e crescono. Fulcro di questo cammino è l’esperienza diretta, non mediata, sperimentata sulla propria pelle: “Attraverso monti e valli, con le bellezze del paesaggio che mutano ad ogni passo, ti senti un uomo libero”(B.P.) Per molte cose devo ringraziare il movimento scout per la mia vita, certamente una delle più importanti è l’avermi educato alla Libertà, non nel senso di poter fare quello che voglio (o che “mi piace” come nella prassi o nella filosofia postmoderna si è ormai affermato), ma di voler fare quello che devo. Non si tratta di quel dovere un po’ stakanovista, non è attenzione alle regole, piuttosto attenzione all’altro ed ai suoi bisogni. Diceva B.P.: “Il vero modo di essere felici è quello di procurare felicità agli altri”.
Ecco l’altra relazione che è perno della spiritualità scout: il “servizio”. Questa parola chiave nella spiritualità scout e molto più pregnante e profonda rispetto al semplice volontariato (quest’anno è l’anno del volontariato). Non è soltanto offrire cose e tempo quanto mettersi in una relazione di amore con gli altri: “Nella mia vita ho trovato almeno tre modi di affrontare le difficoltà con successo: il primo è il Dovere, il secondo la Giustizia, il terzo, l’arma più potente, l’Amore” (B.P.).
Il Servizio mette lo scout nella dimensione di scoprire l’altro come fratello, lo pone in una situazione di uguaglianza; non si tratta di fare "carità" (nell'accezione più comune e deleteria), ma di offrire la propria spalla perché l’altro possa camminare. Non è tanto fare del bene quanto mettersi a disposizione perché l’altro possa cavarsela e crescere; è il servizio dell’accompagnarsi. La crescita dell’altro è occasione della propria crescita: Baden-Powell, e lo Scoutismo al suo seguito, mettono l’accento su ciò che vi è di positivo, se non altro sul famoso “cinque per cento di buono” su cui fare leva. Il senso più autentico del Servizio non è quello delle Cose da dare o insegnare, neppure del Fare per gli altri, piuttosto è quello dell’Essere (offerto insieme alle Cose e al Fare) che cresce nella reciprocità del rapporto tra persone, caratteri, età diverse.
In tutto questo c’è una prospettiva elevata, che si raggiunge a piccoli passi fatti da quel “poco” che ciascuno può fare: “Lasciate questo mondo un po' migliore di come lo avete trovato”. Questa è la prospettiva elevata: “È lo spirito che conta. La nostra Legge scout e la Promessa, quando le mettiamo veramente in pratica, spazzano via ogni occasione di guerre e contese fra i popoli” (B.P.). |